Stile francese e influssi italiani nella musica di François Couperin
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Huitiéme Concert, dans le gout théatral (da Les Goûts Réunis ou nouveaux concerts, 1724):
L’Apothéose de Lully (Concert instrumental sous le titre d’Apothéose composé à la mémoire Immortelle de l’incomparable Monsieur de Lully) (1725)
La Françoise (Premier Ordre, da Les Nationes, Sonades et Suites de Simphonies en Trio, 1726)
Esecutori
Rossella Croce, violino barocco
Gioacchino Comparetto, oboe barocco e flauto dolce
Marco Lo Cicero, pardessus de viole
Diana Fazzini, viola da gamba
Alessandro Nasello, fagotto barocco e flauto dolce
Basilio Timpanaro, clavicembalo
Presentazione
Il programma presenta alcune delle più importanti e significative composizioni della musiche strumentale di François Couperin, tratte dalle tre grandi raccolte della sua produzione strumentale d’insieme.
Come scriveva Sébastien de Brossard, autore del fondamentale Dictionnaire de musique (1701), a metà degli anni 1690 “ogni compositore a Parigi, e soprattutto gli organisti, scriveva follemente sonate alla maniera italiana”. F. Couperin non faceva eccezione e non sfuggiva al fascino e all’influenza esercitata dalla musica italiana, ma, da grande erede della tradizione dei “clavecinistes” francesi del XVII sec. quale egli era, sostenne sempre la necessità di una fusione dello stile italiano e di quello francese, sostenne cioè la necessità e la superiorità di quelli che, nel titolo di una delle sue raccolte di musica strumentale, chiamò e definì “Les Goûts réunis”. E’ questo, infatti, il titolo che lui dà alla raccolta di “Nouveaux Concerts” che seguono ai primi quattro, in chiaro stile francese, intitolati “Concerts royaux”; proprio la prefazione a Les Goûts réunis contiene quella che potrebbe essere considerata la dichiarazione più chiara di Couperin sul suo approccio agli stili nazionali:
«Lo stile italiano e quello francese hanno da tempo condiviso la Repubblica della Musica in Francia. Per quanto mi riguarda, ho sempre tenuto in grande considerazione le cose che meritavano stima, senza considerare né compositore né nazione; e le prime sonate italiane che sono apparse a Parigi più di 30 anni fa, e che mi hanno incoraggiato a cominciare a comporne alcune io stesso, a mio avviso non hanno offeso né le opere di M. de Lully, né quelle dei miei antenati, che saranno sempre più mirabili che imitabili.»
I Nouveaux Concerts come i “Royaux” pur presentando una semplice scrittura a due parti (tant’è che nella prefazione l’autore dice che possono anche essere eseguiti a cembalo solo) appaiono chiaramente destinati, come è evidente anche da alcune indicazioni specifiche riguardanti la strumentazione, alla concertazione ed esecuzione su strumenti melodici (violino, oboe, flauto) e basso continuo.
La scrittura in “trio”, tipica dello stile italiano, per quanto sostanziata di gusto francese, che Couperin aveva già adottato in quattro “Sonate” (che poi inserirà nella raccolta di concerti “Les Nations”), compare invece nelle due “Apothéoses”, ossia i due “concerti strumentali” dedicati rispettivamente a Corelli e a Lully, i due massimi rappresentati, quasi mitici Dioscuri, delle due nazioni e stili musicali. In realtà la fondamentale ascendenza stilistica francese è evidente, oltre che nei titoli descrittivi e nel programma “extramusicale” di ognuna di esse, e oltre che nelle caratteristiche melodiche ed armoniche e nella ricca ornamentazione, anche e soprattutto nel modo in cui l’autore tratta la trama del trio (specie nell’Apothéose de Lully ), quasi come se fosse più in due parti che in tre, con il secondo dessusaggiunto un po’ alla maniera di una contre-partie, che fornisce profondità armonica, e a volte varietà ritmica e melodica, ma lascia sostanzialmente invariato quell’idioma, in cui la melodia è fondamentale, che aveva già caratterizzato i Concerts royaux e i Nouveaux Concerts.
Un anno dopo la pubblicazione dell’Apothéose de Lully, nel 1726 Couperin pubblica la sua probabilmente più importante raccolta di musica strumentale: Les Nations, quattro grandi Concerti, introdotti ognuno da una Sonata in trio all’italiana (quelle che egli aveva già composto qualche decennio prima) a cui segue una Suite nello stile francese. Anche qui è dunque evidente quel progetto di “riunione” degli stili nazionali a cui Couperin dedicò tutta la sua opera strumentale d’insieme.
Mario Basilio Timpanaro